Nasciamo perfette ed intoccabili, ma può accadere che quell’equilibrio può incrinarsi e proiettarci in una nuova dimensione di sè.
Sono molte le donne che si sottopongono a isterectomia, molte più di quanto si creda, soprattutto in età fertile.
L’isterectomia è un intervento chirurgico per rimuovere l’utero e a seconda delle parti asportate possiamo avere una classificazione:
L”utero è il centro di molte rappresentazioni simboliche: è l’organo che trasmette il ritmo attraverso la ciclicità, dà la possibilità di avere figli, ci distingue dall’uomo e rappresenta il centro del piacere sessuale.
Per molte donne l’isterectomia, rappresenta la castrazione e se vengono asportate anche le ovaie in età fertile, si entra in menopausa precoce.
La perdita dell’utero ha un impatto emotivo molto importante, variabile se si ha avuto figli.
I sentimenti oscillano tra rabbia, delusone, angoscia, accettazione, pacificazione, rispetto, comprensione e amore.
Una donna isterectomizzata spesso riferisce la sensazione di un vuoto, non solo fisico ma anche sociale, alcune pazienti riferiscono una forte sensazione di non poter essere donne come le altre, di sentirsi incomplete e smarrite.
Ecco la buona notizia: un’esperienza come un intervento chirurgico pone la donna in una nuova interpretazione di sè e di sviluppo di una nuova identità.
Sperimentare una mancanza, un vuoto, significa porsi nuove domande:
Ora chi sono? Sono una donna a metà? Sono ancora desiderabile? Sono gli altri che mi definiscono? E la mia vita sessuale cambierà?
Se per alcune donne la mancata maternità è una ferita inguaribile, per altre, la non la fertilità non determina la propria completezza. La donna può amare, accudire in diverse forme.
Chiarirsi chi siamo, dove siamo e dove stiamo andando, richiede tempo e pazienza, ma fortunatamente viviamo in un epoca in cui possiamo aprire il dialogo e scoprire che non siamo sole, non esistono due rive, ma un unico fiume.